“La scultura di Antonella Zazzera” di Jacopo Ricciardi, 2010

La scultura non subisce lo spazio che le sta intorno, ma lo crea. Crea il suo proprio spazio, e trasforma lo spazio reale in uno dei segreti che esso custodisce.
Quello che fa con la scultura Antonella Zazzera non è per nulla cosa semplice o banale. Lei fa emergere il bagliore che si struttura nel fondo più intimo e segreto dello spazio. Lei rivela intatta quella preziosa armonia, centro energetico dal quale si irradia e si mostrano le cose.
Essa scolpisce – rende possibile – l’armonia che riposa nel segreto del mondo, conservando la sua luce, quel caricamento di luce che viaggia intrappolato nella molteplicità di reticolati di fili di rame sovrapposti – uniti in una sola cosa, che permette al bagliore di resistere intatto e di mostrare il suo segreto corpo alla luce del sole.
La Zazzera scolpisce ciò che non può essere scolpito: essa provoca ed estrae – riporta in vita – il segreto cuore dalla fiamma.
In quel bagliore, che non può sfuggire al leggero corpo della sua scultura, si trova il dolce e crudele richiamo dell’esistenza della mente umana in questo mondo.
Quando la multipla superficie di fili di rame si tende ed ha abbastanza corpo essa si piega e si avvolge su sé: la luce viaggia lontano dai nostri occhi lì nell’incavo dell’ombra, ma ritorna dal lato opposto del leggero corpo di fili di rame, caricandosi nuovamente in un’incandescenza celeste che sembra volerci parlare.

Una scultura senza dimensioni, centro di se stessa sempre, appare leggera, sospesa, retta nella spazio da se stessa, da quel bagliore disseminato che crea e che trattiene caricandolo.
Dietro alle cose sta l’ardere di quella scintilla che accende l’immagine della mente nella natura.
Una fiamma può scendere da un ramo senza bruciarlo, e adagiarsi silenziosa sull’erba sottostante nell’ombra e riposare, attraversando la natura in silenzio.
La luce si carica nella scultura e non viene dispersa, e messa a contatto con la spazio naturale essa ne svela la meraviglia lancinante, una bellezza tanto necessaria da ferire: non si può sfuggire al mondo, al suo ordine.

Il sole sembra catturato dentro la densità del moltiplicarsi e ordinarsi dei fili di rame; ma lì, intrappolato, ne viene estratto e mostrato il cuore, quel grado della luce che penetra e accende e esplora e fa vivere la mente.

Ma anche questa complessità raggiunge uno stadio organico e ricorda l’elettricità che passa da neurone a neurone nel nostro cervello alimentando tutto ciò che esiste intorno a noi, senza il quale il mondo come noi lo sperimentiamo non esisterebbe.
Ecco, una tensione dell’esistente è creata, che attraversa le cose, e non mutandole le unisce nella miriade di rapporti potenziali che esse nascondono tra loro.
La scultura di Antonella Zazzera è l’interfaccia che ci riconnette al mondo mostrandogli la nostra paziente e violenta natura.

 

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La scultura non subisce lo spazio che le sta intorno, ma lo crea. Crea il suo proprio spazio, e trasforma lo spazio reale in uno dei segreti che esso custodisce.
Quello che fa con la scultura Antonella Zazzera non è per nulla cosa semplice o banale. Lei fa emergere il bagliore che si struttura nel fondo più intimo e segreto dello spazio. Lei rivela intatta quella preziosa armonia, centro energetico dal quale si irradia e si mostrano le cose.
Essa scolpisce – rende possibile – l’armonia che riposa nel segreto del mondo, conservando la sua luce, quel caricamento di luce che viaggia intrappolato nella molteplicità di reticolati di fili di rame sovrapposti – uniti in una sola cosa, che permette al bagliore di resistere intatto e di mostrare il suo segreto corpo alla luce del sole.
La Zazzera scolpisce ciò che non può essere scolpito: essa provoca ed estrae – riporta in vita – il segreto cuore dalla fiamma.
In quel bagliore, che non può sfuggire al leggero corpo della sua scultura, si trova il dolce e crudele richiamo dell’esistenza della mente umana in questo mondo.
Quando la multipla superficie di fili di rame si tende ed ha abbastanza corpo essa si piega e si avvolge su sé: la luce viaggia lontano dai nostri occhi lì nell’incavo dell’ombra, ma ritorna dal lato opposto del leggero corpo di fili di rame, caricandosi nuovamente in un’incandescenza celeste che sembra volerci parlare.

Una scultura senza dimensioni, centro di se stessa sempre, appare leggera, sospesa, retta nella spazio da se stessa, da quel bagliore disseminato che crea e che trattiene caricandolo.
Dietro alle cose sta l’ardere di quella scintilla che accende l’immagine della mente nella natura.
Una fiamma può scendere da un ramo senza bruciarlo, e adagiarsi silenziosa sull’erba sottostante nell’ombra e riposare, attraversando la natura in silenzio.
La luce si carica nella scultura e non viene dispersa, e messa a contatto con la spazio naturale essa ne svela la meraviglia lancinante, una bellezza tanto necessaria da ferire: non si può sfuggire al mondo, al suo ordine.

Il sole sembra catturato dentro la densità del moltiplicarsi e ordinarsi dei fili di rame; ma lì, intrappolato, ne viene estratto e mostrato il cuore, quel grado della luce che penetra e accende e esplora e fa vivere la mente.

Ma anche questa complessità raggiunge uno stadio organico e ricorda l’elettricità che passa da neurone a neurone nel nostro cervello alimentando tutto ciò che esiste intorno a noi, senza il quale il mondo come noi lo sperimentiamo non esisterebbe.
Ecco, una tensione dell’esistente è creata, che attraversa le cose, e non mutandole le unisce nella miriade di rapporti potenziali che esse nascondono tra loro.
La scultura di Antonella Zazzera è l’interfaccia che ci riconnette al mondo mostrandogli la nostra paziente e violenta natura.

 

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