“Antonella Zazzera. Ritmo | Segno | Luce” di Federico Sardella, 2015

Nel settembre dello scorso anno, invitata da Arnaldo Pomodoro, Antonella Zazzera espone Armonico CLXVII in occasione della collettiva Highly Recommended: Emerging Sculptors negli spazi del Frederik Meijer Gardens & Sculpture Park a Grand Rapids, Michigan (USA), uno dei più importanti giardini botanici al mondo, con una raccolta di sculture che, in uno spazio di circa 139 acri, ospita una collezione permanente all’aperto con opere dei più importanti autori contemporanei: da Pablo Picasso ad Auguste Rodin a Henry Moore, da Richard Serra a Claes Oldenbourg a Louise Bourgeois sino a Giuseppe Penone e Anish Kapoor. La rassegna, dedicata alle tante possibili declinazioni del fare scultura oggi, comprende i lavori di sedici artisti delle ultime generazioni, ognuno dei quali individuato grazie alla segnalazione degli scultori le cui opere sono presenti nella vasta collezione del parco.
In occasione dell’apertura della mostra, presentando questa scultura di grandi dimensioni – la centosessantasettesima della serie degli Armonici, iniziati nel 2004 – l’artista stessa la descrive come: “risultato di una ricerca basata sullo studio e la relazione fra tre valori artistici fondamentali: il Segno, la Luce, lo Spazio; valori che ho analizzato nel corso degli anni, attraverso la Pittura, la Fotografia e negli ultimi 10 anni, attraverso la Scultura.
I valori segnici, che io chiamo Segnotraccia, presenti da sempre nel mio linguaggio artistico, si sono materializzati in fili di rame… Fili/Segno con cui disegno nello Spazio. Linee forza che si estendono nello Spazio…
Così Armonico si origina da un filo che, attraverso un lungo procedimento costruttivo, faccio sedimentare fino a formarne il corpo tridimensionale delle mie sculture dalla forma primaria, naturale, spontanea, che si adagia nello spazio e si forma e trasforma in base al luogo che andrà a riceverla… così che il luogo diviene ventre materno…
Armonico è un corpo di energia che riceve vita dalla luce e che trasforma la propria Forma in Luce… La Luce nutre e plasma la superficie, ne esalta le linee forza e ne tesse la forma;
Incalzanti vibrazioni luminose muovono e rendono dinamico Armonico… Una luce che il filo di rame assorbe, trattiene e sprigiona generando ritmiche cromatiche in continua mutazione… ritmiche che scandiscono il tempo ed esaltano il valore pittorico della scultura”.
Ognuna delle opere di Antonella Zazzera, anche se parte di una serie o di un gruppo di lavori, è unica ed indipendente; “unica, lirica ed irripetibile”, specificherebbe l’artista, ponendo l’accento su quell’aspetto che rende i suoi elaborati creature autonome animate dalle vibrazioni della luce e dalle infinite modificazioni che la rifrazione provoca sulle loro superfici. Superfici variabili, difficili da fotografare viste le differenti angolazioni dalle quali possono essere colte, viste le innumerevoli luminescenze in divenire che rendono i lavori duttili macchine del tempo dalla complessa tramatura, sempre pronte ad inseguire l’ultimo raggio di sole.
Un numero progressivo viene assegnato ad ogni singola opera, suggerendo un’idea di catalogazione naturale che riguarda gli Armonici quanto le Segniche, le Ritrattiche, i Naturalia e le Carte/Scultura. Un numero romano che segue il titolo, rimarcando il processo attento attraverso il quale le opere nascono, prendono corpo e spessore per essere poi licenziate, messe al mondo: date alla luce. Un numero che, infine, riguarda il controllo del proprio lavoro, la misura dei propri gesti e la consapevolezza del proprio procedere, che necessita d’essere marcato, tracciato e monitorato in continuazione, tanto che, per documentare ogni singolo lavoro potrebbero essere realizzate innumerevoli riprese fotografiche, senza mai che nessuno scatto risulti uguale a quello precedente.
Le opere “si modificano con il passare delle ore del giorno: toni chiari grazie alla luce del mattino, abbaglianti, quasi accecanti, a mezzogiorno e via più spenti la sera…”. Si mostrano sempre diverse, nonostante la loro presunta immobilità, e rendono lo spettatore soggetto attivo, sollecitato da continue scosse, da presenze e da illuminazioni.
Corpi di luce che la luce vivifica, queste sculture si nutrono e si espandono nello spazio anche grazie a quanto di opposto riguarda la loro genesi: l’ombra.
“L’ombra è un prolungamento del lavoro, che determina in esso un cambiamento temporale. L’ombra determina l’opera, la modifica e la caratterizza. A me interessano il segno, la traccia e la luce. Ed occupandomi di luce, non posso non interessarmi all’ombra. L’ombra la gestisco e la governo, ed illuminando in modo ragionato le opere questa diventa parte della struttura. Io calcolo tutto. All’inizio è difficile, ma una volta che ho acquisito confidenza e padronanza della tecnica, una volta entrata nel sistema determino il flusso della corrente e detto le regole… all’inizio c’è casualità, ma io cerco di impadronirmi della materia artistica, voglio avere la consapevolezza piena degli effetti che rendo…”.
La consapevolezza piena che distingue il muoversi dell’artista è dettata, in particolare, dalla profonda conoscenza, dall’individuazione e dal riconoscimento delle strutture sulle quali il suo fare si fonda che, come da titolo dell’esposizione organizzata da Giuliano Papalini e da Nunzia Palma per il loro spazio di Milano e della pubblicazione che l’accompagna, sono Ritmo | Segno | Luce. Elementi semplici, da sempre alla base della grande arte del passato, che tornano ad essere protagonisti indiscussi del suo procedere armonico e del metodo di Antonella Zazzera, che prevede un’evidente centralità della luce finalizzata alla definizione dello spazio e della forma, proprio là dove ritmo e segno determinano andamenti morbidi, flessuosi, riconducibili a forme naturali, a misura d’uomo, fatte di punti, linee e superficie, arricchite da ostinate ritmiche, segni infiniti e bagliori invincibili.

 

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Nel settembre dello scorso anno, invitata da Arnaldo Pomodoro, Antonella Zazzera espone Armonico CLXVII in occasione della collettiva Highly Recommended: Emerging Sculptors negli spazi del Frederik Meijer Gardens & Sculpture Park a Grand Rapids, Michigan (USA), uno dei più importanti giardini botanici al mondo, con una raccolta di sculture che, in uno spazio di circa 139 acri, ospita una collezione permanente all’aperto con opere dei più importanti autori contemporanei: da Pablo Picasso ad Auguste Rodin a Henry Moore, da Richard Serra a Claes Oldenbourg a Louise Bourgeois sino a Giuseppe Penone e Anish Kapoor. La rassegna, dedicata alle tante possibili declinazioni del fare scultura oggi, comprende i lavori di sedici artisti delle ultime generazioni, ognuno dei quali individuato grazie alla segnalazione degli scultori le cui opere sono presenti nella vasta collezione del parco.
In occasione dell’apertura della mostra, presentando questa scultura di grandi dimensioni – la centosessantasettesima della serie degli Armonici, iniziati nel 2004 – l’artista stessa la descrive come: “risultato di una ricerca basata sullo studio e la relazione fra tre valori artistici fondamentali: il Segno, la Luce, lo Spazio; valori che ho analizzato nel corso degli anni, attraverso la Pittura, la Fotografia e negli ultimi 10 anni, attraverso la Scultura.
I valori segnici, che io chiamo Segnotraccia, presenti da sempre nel mio linguaggio artistico, si sono materializzati in fili di rame… Fili/Segno con cui disegno nello Spazio. Linee forza che si estendono nello Spazio…
Così Armonico si origina da un filo che, attraverso un lungo procedimento costruttivo, faccio sedimentare fino a formarne il corpo tridimensionale delle mie sculture dalla forma primaria, naturale, spontanea, che si adagia nello spazio e si forma e trasforma in base al luogo che andrà a riceverla… così che il luogo diviene ventre materno…
Armonico è un corpo di energia che riceve vita dalla luce e che trasforma la propria Forma in Luce… La Luce nutre e plasma la superficie, ne esalta le linee forza e ne tesse la forma;
Incalzanti vibrazioni luminose muovono e rendono dinamico Armonico… Una luce che il filo di rame assorbe, trattiene e sprigiona generando ritmiche cromatiche in continua mutazione… ritmiche che scandiscono il tempo ed esaltano il valore pittorico della scultura”.
Ognuna delle opere di Antonella Zazzera, anche se parte di una serie o di un gruppo di lavori, è unica ed indipendente; “unica, lirica ed irripetibile”, specificherebbe l’artista, ponendo l’accento su quell’aspetto che rende i suoi elaborati creature autonome animate dalle vibrazioni della luce e dalle infinite modificazioni che la rifrazione provoca sulle loro superfici. Superfici variabili, difficili da fotografare viste le differenti angolazioni dalle quali possono essere colte, viste le innumerevoli luminescenze in divenire che rendono i lavori duttili macchine del tempo dalla complessa tramatura, sempre pronte ad inseguire l’ultimo raggio di sole.
Un numero progressivo viene assegnato ad ogni singola opera, suggerendo un’idea di catalogazione naturale che riguarda gli Armonici quanto le Segniche, le Ritrattiche, i Naturalia e le Carte/Scultura. Un numero romano che segue il titolo, rimarcando il processo attento attraverso il quale le opere nascono, prendono corpo e spessore per essere poi licenziate, messe al mondo: date alla luce. Un numero che, infine, riguarda il controllo del proprio lavoro, la misura dei propri gesti e la consapevolezza del proprio procedere, che necessita d’essere marcato, tracciato e monitorato in continuazione, tanto che, per documentare ogni singolo lavoro potrebbero essere realizzate innumerevoli riprese fotografiche, senza mai che nessuno scatto risulti uguale a quello precedente.
Le opere “si modificano con il passare delle ore del giorno: toni chiari grazie alla luce del mattino, abbaglianti, quasi accecanti, a mezzogiorno e via più spenti la sera…”. Si mostrano sempre diverse, nonostante la loro presunta immobilità, e rendono lo spettatore soggetto attivo, sollecitato da continue scosse, da presenze e da illuminazioni.
Corpi di luce che la luce vivifica, queste sculture si nutrono e si espandono nello spazio anche grazie a quanto di opposto riguarda la loro genesi: l’ombra.
“L’ombra è un prolungamento del lavoro, che determina in esso un cambiamento temporale. L’ombra determina l’opera, la modifica e la caratterizza. A me interessano il segno, la traccia e la luce. Ed occupandomi di luce, non posso non interessarmi all’ombra. L’ombra la gestisco e la governo, ed illuminando in modo ragionato le opere questa diventa parte della struttura. Io calcolo tutto. All’inizio è difficile, ma una volta che ho acquisito confidenza e padronanza della tecnica, una volta entrata nel sistema determino il flusso della corrente e detto le regole… all’inizio c’è casualità, ma io cerco di impadronirmi della materia artistica, voglio avere la consapevolezza piena degli effetti che rendo…”.
La consapevolezza piena che distingue il muoversi dell’artista è dettata, in particolare, dalla profonda conoscenza, dall’individuazione e dal riconoscimento delle strutture sulle quali il suo fare si fonda che, come da titolo dell’esposizione organizzata da Giuliano Papalini e da Nunzia Palma per il loro spazio di Milano e della pubblicazione che l’accompagna, sono Ritmo | Segno | Luce. Elementi semplici, da sempre alla base della grande arte del passato, che tornano ad essere protagonisti indiscussi del suo procedere armonico e del metodo di Antonella Zazzera, che prevede un’evidente centralità della luce finalizzata alla definizione dello spazio e della forma, proprio là dove ritmo e segno determinano andamenti morbidi, flessuosi, riconducibili a forme naturali, a misura d’uomo, fatte di punti, linee e superficie, arricchite da ostinate ritmiche, segni infiniti e bagliori invincibili.

 

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