“Trame di luce” di Frédéric Jaeger, 2014

L’Umbria é prima di tutto una terra. 
Terra di uomini e terra di santi. 
Che nutre il ventre, che nutre lo spirito. 
Terra di storia. 
Terra-madre anche,
di colline protettrici con aperture sull’infinito. 
Terra di contrasti, paese d’ombra e di luce. 
Tra forze telluriche ed energia celeste. 
All’incrocio dei mondi. 

Antonella Zazzera è nata qui, di fronte a Todi. I suoi occhi di bambina posati su un quadro grandezza natura. Da sempre lei guarda questo paesaggio instancabilmente scolpito da cambiamenti del tempo e le variazioni della luce. Osserva il solco lasciato dall’uomo e la sua macchina. E il suo territorio.
Figlia di agricoltori ha i piedi ben radicati al suolo, ma già la testa è nelle stelle. La natura intera è il suo terreno di gioco. Lei vive nel suo mondo. Gioca con i riflessi del sole in una ciotola d’acqua. Le appare presto evidente la natura profonda del suo essere. E l’artista in erba parte alla scoperta dei campi del possibile…

La matita ed il pennello diventano i suoi primi compagni di strada, prolungamenti naturali del suo braccio, della sua mano. Antonella Zazzera lascia la sua traccia sul primo supporto trovato, come gli uomini primitivi nell’arte rupestre. I suoi Rilievi dell’inizio fanno pensare ai graffiti di Brassaï, ai Muri di Dubuffet. Essi anticipano la serie delle Madre Matrici, i lavori più completi di questo periodo di ricerca.
Moltiplica in parallelo le sperimentazioni. La sensibilità della pellicola fotografica le fa vedere un linguaggio di segni invisibili ad occhio nudo, ma fissato in uno spazio-tempo stabilito. Vuole riscrivere questa scoperta in un linguaggio più dinamico che la spinge verso la tridimensionalità. Cerca l’entrata, trova il suo filo conduttore: il rame.

Fabbrica un telaio chiodato che delimita la forma attorno al quale si articola il prezioso metallo rosso. Su un ritmo di va e viene rituale e sanguigno tra i differenti intrecci dona nascita alla vita. Strato dopo strato, la scultura prende peso, il tempo intanto compie il suo lavoro e la sedimentazione trasforma. La trama cosi costruita diviene rifugio delle forze dal basso e dall’alto. Il corpo dell’artista è luogo di passaggio, il suo ventre incrocio di energie.

Antonella Zazzera si ritrova cosi nel cuore della creazione. L’opera prodotta è dominata, controllata dal pensiero ma, nello stesso tempo, animata da una forza interiore, istintiva e misteriosa che obbedisce alle proprie regole. Equilibrista sul suo filo, alla maniera di Vieira da Silva, incrocia le maglie con pazienza ed ostinazione, come un ragno tesse la sua tela. L’occhio in agguato cattura ogni minimo raggio: la luce è il suo alimento. La scultura diventa setaccio, l’artista cercatore d’oro.

La tecnica si perfeziona, la materia prima si diversifica: l’artista gioca sulle variazioni di colore, gli spessori del filo e gli effetti vibratori per produrre, ogni volta, sculture a forte carica, opere ad alta tensione.

Chiama le sue opere Armonici che rinviano al mondo musicale; si comincia a leggere il suo lavoro come si decifra uno spartito, con le sue chiavi, i suoi ritmi ed il suo pentagramma. Dalle scale di partenza allo stato di transe.
Una volta terminato questo lungo lavoro di elaborazione, il telaio chiodato è eliminato: la tensione accumulata per lunghe settimane si libera d’improvviso. L’opera raccolta e plasmata un ultima volta dalla mano dell’artista raggiunge la sua pienezza in accordo perfetto con il mondo circostante.
In musica, si ottiene un suono armonico – specie di stato secondario della nota – per la tensione attenuata del dito sulla corda…

Il radicamento dell’artista alla sua terra d’origine è totale, la coppia funziona all’unisono.
La serie Naturalia evoca nidi d’uccelli. Un giorno l’artista raccoglie nel suo giardino un nido fabbricato con rifiuti di filo proveniente dalle sue sculture. Il cerchio è chiuso…

La scultura di Antonella Zazzera prende una dimensione universale, conduce l’uomo a ritrovare il suo posto, a rinnovare il dialogo con la Natura e dunque con lui stesso nel mondo reale. La nostra visione non si ferma più al sapere, lo supera e ci spinge verso una ricerca di conoscenza e di assoluto.

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