“Antonella Zazzera. Il rame e la Dea Venere” di Viviana Tessitore, 2006

Nella mitologia e nell’alchimia il rame viene associato alla dea Venere, infatti, il simbolo usato dagli alchimisti per rappresentare il rame è uguale a quello impiegato dagli astrologi per rappresentare il pianeta Venere. Non solo, la dea Venere, nata dal mare, venne trasferita a Cipro, e quest’isola è la principale zona estrattiva del rame. Se poi pensiamo che Venere è l’oggetto più luminoso del cielo, dopo il Sole e la Luna, il risultato è una perfetta connessione tra armonia e straordinaria lucentezza. La luce cattura il rame, o viceversa, e tutto prende vita. Tutto “condensato nel punto curvo” e alla ricerca dell’ “Armonico istante” il rame si intreccia, si fa sottilissima nervatura e in un continuo espandersi e moltiplicarsi diviene materia, oggetto, scultura. Antonella Zazzera, è questo, è mano moltiplicatrice che rende tangibile ciò che tangibile non può essere: luce, bagliori, riverberi e riflessi. E’ una storia che trova il suo inizio in una lastra di vetronite, proprio su questa superficie Antonella ha cominciato a lavorare; l’ha sottilmente aggredita, ha praticato segni ed incisioni, ha graffiato e minutamente scavato fino a che, piccolo miracolo visivo, ha reso tutto in fotografia. E così, attraverso la sensibilità della pellicola fotografica, ciò che non è possibile percepire ad occhio nudo si rende straordinarimente visibile. Sono nate foto come gemme, immagini che somigliano a vetri infranti dai colori del topazio imperiale, dove il giallo bruno si mescola allo splendido calore dell’arancio. Ma poi, passo obbligato, l’impalpabile è diventato materia concreta, al punto che i segni, quei segni, si sono trasformati in fili di rame veri e propri; Antonella ha parlato di materializzazione dei segnotraccia fotografici” perché proprio questo era il suo obbiettivo: rendere corporea la luce, quella luce che vedevamo nei suoi lavori fotografici per giungere ad una vera e propria solidificazione. Solo il rame, straordinario conduttore di energia e di calore, poteva assecondare il suo desiderio, perché il rame, antichissimo, è capace di intercettare e restituire, è duttile e malleabile e si asseconda sotto le sue abili mani che lo intrecciano, lo intessono, lo sovrappongono. Con un’immensa fiducia nella linea curva, i suoi lavori si compongono di fili avvolti l’un l’altro, intrecciati e composti in diverse direzioni, fili a volte sottilissimi e a volte più spessi, linee purissime e incontaminate che si compattano e formano “tappeti” fatti di riverberi ambrati. Una calma solo apparente in cui tutto è mosso da fremiti e sussulti rossastri, drappi che si affidano alle variazioni appena percettibili del colore sul colore, tessuti la cui scultura è ispessita e alleggerita attraverso la diversità di luce e forma. Germinano da pareti e crescono dagli angoli, si appoggiano su pavimenti e assecondano gli spigoli, ogni suo elemento riesce mirabilmente ad abitare “il vuoto dello spazio”.
Si è parlato di sculture capaci di emanare energia che trovano massimo splendore se “colpite” dalla luce solare. L’artista ama esporre le sue opere all’aperto, le adagia su tappeti erbosi, facendo in modo che i naturali fili verdi si rifugino nella fittissima tessitura e si facciano spazio nelle e tra le trame; l’opera si lascia invadere e contaminare, subisce l’interferenza di altri corpi, affinché (magia dei contrari!) la lucentezza del metallo possa accoppiarsi al verde opaco dell’erba. Lo spazio gestito dall’artista è stato detto “super-spazio” e la sua materia “ipermateria”, definizioni appropriate per raccontare la ricerca ed il lavoro attento e quasi “maniacale” di questa artista giovanissima, proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Perugia e già vincitrice del Premio di Pittura DopArt a cura di Piero Dorazio e Graziano Marini. Quest’anno con L’opera Armonico XXI (che entrerà a far parte della collezione accademica) è stata premiata come vincitrice dell’edizione 2005 del Premio giovani 2005-Scultura, assegnato a Roma dall’Accademia Nazionale di San Luca. La giuria presieduta da Pietro Cascella vedeva in commissione Nicola Carrino, Angela Cipriani, Carlo Lorenzetti e Pia Vivarelli. Riportiamo qui di eguito i nomi degli altri finalisti: Carlo Bernanrdini, Matteo Berra, Patrizia Murazzano.

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Nella mitologia e nell’alchimia il rame viene associato alla dea Venere, infatti, il simbolo usato dagli alchimisti per rappresentare il rame è uguale a quello impiegato dagli astrologi per rappresentare il pianeta Venere. Non solo, la dea Venere, nata dal mare, venne trasferita a Cipro, e quest’isola è la principale zona estrattiva del rame. Se poi pensiamo che Venere è l’oggetto più luminoso del cielo, dopo il Sole e la Luna, il risultato è una perfetta connessione tra armonia e straordinaria lucentezza. La luce cattura il rame, o viceversa, e tutto prende vita. Tutto “condensato nel punto curvo” e alla ricerca dell’ “Armonico istante” il rame si intreccia, si fa sottilissima nervatura e in un continuo espandersi e moltiplicarsi diviene materia, oggetto, scultura. Antonella Zazzera, è questo, è mano moltiplicatrice che rende tangibile ciò che tangibile non può essere: luce, bagliori, riverberi e riflessi. E’ una storia che trova il suo inizio in una lastra di vetronite, proprio su questa superficie Antonella ha cominciato a lavorare; l’ha sottilmente aggredita, ha praticato segni ed incisioni, ha graffiato e minutamente scavato fino a che, piccolo miracolo visivo, ha reso tutto in fotografia. E così, attraverso la sensibilità della pellicola fotografica, ciò che non è possibile percepire ad occhio nudo si rende straordinarimente visibile. Sono nate foto come gemme, immagini che somigliano a vetri infranti dai colori del topazio imperiale, dove il giallo bruno si mescola allo splendido calore dell’arancio. Ma poi, passo obbligato, l’impalpabile è diventato materia concreta, al punto che i segni, quei segni, si sono trasformati in fili di rame veri e propri; Antonella ha parlato di materializzazione dei segnotraccia fotografici” perché proprio questo era il suo obbiettivo: rendere corporea la luce, quella luce che vedevamo nei suoi lavori fotografici per giungere ad una vera e propria solidificazione. Solo il rame, straordinario conduttore di energia e di calore, poteva assecondare il suo desiderio, perché il rame, antichissimo, è capace di intercettare e restituire, è duttile e malleabile e si asseconda sotto le sue abili mani che lo intrecciano, lo intessono, lo sovrappongono. Con un’immensa fiducia nella linea curva, i suoi lavori si compongono di fili avvolti l’un l’altro, intrecciati e composti in diverse direzioni, fili a volte sottilissimi e a volte più spessi, linee purissime e incontaminate che si compattano e formano “tappeti” fatti di riverberi ambrati. Una calma solo apparente in cui tutto è mosso da fremiti e sussulti rossastri, drappi che si affidano alle variazioni appena percettibili del colore sul colore, tessuti la cui scultura è ispessita e alleggerita attraverso la diversità di luce e forma. Germinano da pareti e crescono dagli angoli, si appoggiano su pavimenti e assecondano gli spigoli, ogni suo elemento riesce mirabilmente ad abitare “il vuoto dello spazio”.
Si è parlato di sculture capaci di emanare energia che trovano massimo splendore se “colpite” dalla luce solare. L’artista ama esporre le sue opere all’aperto, le adagia su tappeti erbosi, facendo in modo che i naturali fili verdi si rifugino nella fittissima tessitura e si facciano spazio nelle e tra le trame; l’opera si lascia invadere e contaminare, subisce l’interferenza di altri corpi, affinché (magia dei contrari!) la lucentezza del metallo possa accoppiarsi al verde opaco dell’erba. Lo spazio gestito dall’artista è stato detto “super-spazio” e la sua materia “ipermateria”, definizioni appropriate per raccontare la ricerca ed il lavoro attento e quasi “maniacale” di questa artista giovanissima, proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Perugia e già vincitrice del Premio di Pittura DopArt a cura di Piero Dorazio e Graziano Marini. Quest’anno con L’opera Armonico XXI (che entrerà a far parte della collezione accademica) è stata premiata come vincitrice dell’edizione 2005 del Premio giovani 2005-Scultura, assegnato a Roma dall’Accademia Nazionale di San Luca. La giuria presieduta da Pietro Cascella vedeva in commissione Nicola Carrino, Angela Cipriani, Carlo Lorenzetti e Pia Vivarelli. Riportiamo qui di eguito i nomi degli altri finalisti: Carlo Bernanrdini, Matteo Berra, Patrizia Murazzano.

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