“Per Antonella Zazzera” di Enrico Castellani, 2009

… Dio genera se stesso da se stesso in se stesso, e di nuovo si genera in se. 
(Meister Eckhart, Sermoni tedeschi)

Cosa c’entra? Nulla. Ma è una frase bellissima (e citazione discretamente colta), quasi una metafora di una certa visione metafisica del procedere creativo dell’arte.

Il filo di rame, materia prima del lavoro di Antonella Zazzera non ha niente di metafisico: serve a costituire l’indotto dei motori elettrici e le sculture di Antonella.

Su un apposito telaio l’artista comincia a ordire una fitta stesura di filo di rame. Il lavoro procede per sovrapposizioni di strati successivi incrociati.

L’opera comincia così a prendere forma e spessore e peso.

Il tempo del fare è la componente essenziale del procedimento e misura del suo compiersi. Il lavoro infatti avrà raggiunto il suo completamento quando lo spessore dei successivi strati sarà quello necessario e sufficiente a permettere al manufatto così ottenuto di adattarsi alle varie possibili destinazioni.

Perché l’opera d’arte non è confinata in una circolarità chiusa ma vive di situazioni aperte, è un vettore, si adatta ad ogni luogo ed è sempre contemporanea. (1)

Così i lavori di Antonella Zazzera trovano collocazione al muro, al suolo stesi o arrotolati, o all’aperto sospesi, aerei.

Infatti Meister Eckhart, ancorché morto in odore di eresia, non paragonò mai Dio a un tappeto volante.

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